“Impossibile dormire la notte qui a Varna
impossibile dormire
per via di queste stelle che son troppe
troppo lucide troppo vicine
per via del mormorio sul greto dell’onde morte
il loro sussurro
le loro perle
i loro ciottoli
le alghe salate
per via del rumore di un motore sul mare come un cuore che batte
per via dei fantasmi
venuti da Istanbul
sorti dal Bosforo
che invadono la stanza
gli occhi verdi dell’uno
le manette ai polsi dell’altro
un fazzoletto
nelle mani del terzo
un fazzoletto che sa di lavanda.
Impossibile dormire la notte qui a Varna, mio amore,
qui a Varna, all’albergo Bor.”
Nazim Hikmet, “Varna 1952”
Sono di Hikmet le parole che sento più vicine in una notte stellata sull’ isola di Pianosa.
Qui la natura, con i suoi profumi, suoni e colori, impartisce il ritmo della vita, ricoprendo le tracce di un ingombrante passato e riportando tutto all’essenza.
Così ti ritrovi incantato come un bambino a seguire le evoluzioni dei barracuda che silenziosamente arrivano tutte le sere a danzare nel vecchio porticciolo dell’isola. Sotto una miriade di stelle.
Il mattino riporta alla luce tutto…l’acqua turchese, le siepi di camomilla di mare, le catacombe, la casa dell’agronomo, la vecchia insegna della farmacia… e capisci di essere in un posto speciale.
Incontro per la via un uomo che sta tagliando un fico, le cui radici minacciano il crollo di un muro. Non riesco a non fermarmi a guardare la scena, è un’immagine forte; ci scambiamo un gentile saluto.
Mi racconta dell’isola, di come sia un miscuglio di bellezza e sofferenza e ne parla con gravità. Proseguo con impressa l’immagine del fico sradicato..
Mi trovo qui per un progetto lungimirante promosso dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano che coinvolge le scuole per lavorare su questo territorio attraverso la comunicazione.
In giro solo ragazzi che fanno foto, video, disegni e registrano suoni…in un laboratorio creativo a cielo aperto. Bravi…sorprendentemente bravi.
Io conduco un workshop di sketching, con disegno e pittura ad acquerello.
Per prima cosa serve un luogo, uno studio all’aperto, dove installarsi. Inizio così la ricerca in un paese fantasma, dove sembra che tutto sia stato lasciato così com’era, come sotto un incantesimo.
Infine, lo trovo: il nostro studio sarà un piccolo giardino attorno al quale corre un muro di cinta e una piccola apertura che dà verso il mare.
Qui abbiamo passato due giorni ad osservare piante e fiori come fosse la prima volta. La matita e il colore hanno fatto il resto.
A pensarci, cosa rende unici quei piccoli schizzi di botanica è il luogo dove sono stati creati: tra le case di un paese abbandonato, a lato della pittorica casa dell’agronomo, in mezzo ad una natura che cresce imperturbabile.
Il tempo stringe e la nave delle 16,15 attende per portarci nell’altra isola: la nostra. Ce ne andiamo via con il cuore gonfio di storie, immagini e suoni.
Dalla nave guardo Pianosa con occhi diversi da ieri e la saluto con gratitudine unita ad una vaga sensazione di incompiutezza…